giovedì 13 dicembre 2012

IL GOVERNO REGALA SOLDI AL MPS


Monti e le lobby: l'ultimo regalo alle banche e Monte Paschi

Annacquati i contenuti della Tobin Tax per proteggere gli strumenti derivati e gli speculatori. Grazie anche all'aiuto del Pd, che tanto aveva strepitato. I bond per salvare MPS (foto: AD Mussari): la finanza ringrazia.

Mancano sette giorni alla fine della legislatura. E non si può negare che l'esecutivo Monti abbia fatto un bel poì di regali alle banche.
Mancano sette giorni alla fine della legislatura. E non si può negare che l'esecutivo Monti abbia fatto un bel poì di regali alle banche.
Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Il Fatto Quotidiano - che ringraziamo - esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

Roma - Sette giorni. Tanti ne mancano, di lavoro parlamentare, alla fine della legislatura. Le Camere procedono a passo di carica – ieri, per dire, è passato con la fiducia a Montecitorio, senza nemmeno un emendamento, il dl Sviluppo in cui si prorogano le concessioni sulle spiagge fino al 2020 – e nella gran fretta dentro i decreti ci si può infilare di tutto, anche quello che un voto parlamentare costringerebbe a dimenticare per sempre.

E’ il caso della Tassa sulle transazioni finanziarie (Ttf), contenuta nel ddl stabilità,che secondo un ordine del giorno approvato alla Camera dovrebbe applicarsi proprio ad ogni transazione, compresi quegli strumenti derivatiche riempiono le pance delle nostre banche: ebbene, secondo il progetto illustrato dal governo in Senato nelle riunioni di questi giorni (l’ultima ieri sera), la Ttf va corretta proprio per escludere i derivati – con l’eccezione di quelli azionari, le briciole – e salvaguardare in generale le operazioni degli istituti di credito. 

Le pressioni del mondo bancario, d’altronde, che s’è fatto forte anche dell’esplicito appoggio di Consob, sono state fortissime. Se, come sembra ormai inevitabile, passasse l’impostazione del governo, in sostanza rimarrebbero a pagare solo gli investitori privati, (anche stranieri), mentre si raccoglierebbero le briciole da speculatori e banche: quello che interessa al governo, infatti, è che chi ha soldi da investire li metta sui titoli di stato (su cui non si paga la Ttf e l’aliquota è dimezzata) o al massimo sui bond emessi dagli istituti di credito (niente tassa anche lì). 

Risultato? Desertificazione di Borsa italiana come strumento di raccolta di credito per le imprese e sua riconversione in casa dei giochi per i traders on line – un terzo dei volumi e il 60-70% dei tickets – che verranno tassati solo per i saldi di fine giornata e non per singola transazione (e comunque troveranno il modo di aggirare la tassa). Saranno esenti, infine, i titoli di società sotto i 500 milioni di capitalizzazione, che però valgono solo il 5% degli scambi.

Oltre ai problemi che creerà al sistema, per di più, questa Ttf rischia anche di diventare un grave problema per il bilancio dello Stato: il governo ha messo per iscritto una previsione di gettito per il 2013 di quasi 1,1 miliardi di euro, ma nella nuova formulazione – spiegano al Fatto Quotidiano ambienti finanziari – difficilmente si arriverà a 100 milioni.

Curioso che il Pd, che aveva bloccato questa operazione a Montecitorio e nonostante le dichiarazioni di principio rilasciate settimane fa, a quanto ci risulta sia in Senato assai più possibilista: Anna Finocchiaro e il suo capogruppo in commissione Bilancio, Mauro Agostini, si apprestano a dare il via libera all’ultimo favore che questo governo sarà in grado di fare al mondo bancario. 

Un favore, peraltro, che si vorrebbe fare pure alla chetichella: l’emendamento per annacquare la Ttf, infatti, non è ancora arrivato nella commissione Bilancio del Senato ed è atteso per venerdì notte o sabato, ultimo giorno utile. L’esenzione non dichiarata dalla tassa sulle transazioni finanziarie non è peraltro l’unico conto con le banche che l’esecutivo tecnico salda in questi ultimi sette giorni di legislatura: nel ddl stabilità finiranno infatti anche i cosiddetti Monti bond, i 3,9 miliardi che il governo presterà a Monte dei Paschi di Siena, accettando di farsi rimborsare gli interessi, in caso di insolvenza, con azioni della banca valutate cinque volte più di quanto faccia il mercato. 

Usciti dal decreto Sviluppo per una questione procedurale, finiti in un testo ad hoc (il "salva-infrazioni" ) che non ha nessuna speranza di essere approvato in tempo, ora entrano in una legge che è obbligatorio approvare. Anche questo emendamento non è ancora stato depositato, ma tranquilli: c’è ancora una settimana.

LA TOBIN TAX BEFFA I PICCOLI AZIONISTI


Tobin Tax, piccoli investitori beffati?

Infuria la polemica. La denuncia: alleggerito il carico delle banche, ora gli istituti possono brindare. Ma come funzionerà la tassa che colpirà i trader italiani, già alle prese con mille altre imposte?

Tobin Tax contro le speculazioni dei mercati? Ma i piccoli investitori sono davvero protetti?
Tobin Tax contro le speculazioni dei mercati? Ma i piccoli investitori sono davvero protetti?
Roma - La Tobin Tax, tanto attesa - e temuta - dal mondo della finanza e dei risparmiatori è arrivata. Tassa dello 0,02% sull'high frequency trading, ergo sugli scambi ad alta frequenza. In poche parole, la tassa sarà applicata al controvalore degli ordini annullati o modificati e che abbiano superato determinate soglie. 

Il governo commenta la disposizione affermando che a essere colpite sono "le operazioni effettuate elettronicamente in periodi di tempo molto ristretti". La norma stabilisce inoltre che "l'imposta venga applicata sugli ordini cancellati o modificati, laddove la proporzione rispetto a quelli eseguiti ecceda una determinata soglia numerica".

La norma scatterà da marzo 2013 per i mercati regolamentati e da luglio per gli scambi sui derivati, con aliquote maggiorate allo 0,12% e allo 0,22% per il 2013. Successivamente dal 2014 le aliquote scenderanno allo 0,1% per i mercati regolamentati e allo 0,2% per quelli non regolamentati ('Otc', over the counte

La domanda è: si tratta davvero di una norma anti-speculazione? Non tutti sono d'accordo: occhio per esempio all'opinione riportata sul Fatto Quotidiano, che descrive la norma, insieme ai soldi erogati per salvare MPS, alla stregua dell'ultimo regalo che Monti ha fatto alle banche. E MF scrive come in questo modo sia stato alleggerito il carico sulle banche. La polemica infuria, si parla di Tobin Tax annacquata, e del fatto che le banche ora possono esultare. 

Nella norma si legge anche che l'imposta di bollo sui prodotti finanziari non potrà superare la soglia di 4.500 euro a partire dal 2013, solamente per i soggetti diversi dalle persone fisiche. 

La Tobin tax non si applicherà alle società a bassa capitalizzazione. "Sono esclusi i trasferimenti di proprietà di azioni emesse da società la cui capitalizzazione media nel mese di novembre dell'anno precedente a quello in cui avviene il trasferimento di proprietà sia inferiore a 500 milioni di euro".L'esenzione "viene estesa agli enti di previdenza obbligatoria, ai fondi pensione e alle forme pensionistiche complementari, in ragione delle funzioni sociali a essi affidate e dell'evidente mancanza di ogni intento speculativo". 

A pagare la tassa saranno invece anche gli intermediari non residenti, che "potranno avvalersi di un rappresentante fiscale" nominato in Italia. Nel caso in cui ci siano più intermediari, l'imposta dovrà essere prelevata dall'intermediario più vicino al soggetto che realizza l'operazione finanziaria. Esenti, invece, i 'market maker', ovvero gli intermediari che operano sui mercati nel quadro di un'attività di supporto agli scambi. Questo perchè "l'attività di supporto agi scambi svolge un ruolo fondamentale nel fornire liquidtà ai mercati e l'applicazione dell'imposta potrebbe rappresentare un freno nei confronti di questa funzione".

martedì 20 novembre 2012

LE 10 AZIONI PREFERITE DAGLI HEDGE FUND


Le 10 azioni più popolari tra gli hedge funds

I grandi manager dell'alta finanza possono sfruttare agganci e notizie in anteprima e perciò comportarsi di conseguenza.
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Per questo motivo è interessante sapere sempre su quali azioni preferiscono orientarsi e di conseguenza capire in anticipo le tendenze del mercato.
Dagli esperti di Market Watch arriva la classifica delle 10 azioni preferite dai grandi manager dei maggiori fondi di investimento.
1) Apple. Nessuna sorpresa. Ancora una volta, Apple è stato il titolo più popolare tra gli hedge fund, scelto da 146 fondi. Highbridge Capital Management, gestito dal miliardario Glenn Dubin, all’inizio di luglio era piuttosto scettico circa le potenzialità del titolo, ma ha dovuto subito ricredersi con l’incremento di ben 120 mila azioni per settembre.
2) Google. 132 contro i precedenti 118 che lo avevano preferito. Platinum Asset Management, un fondo gestito dal miliardario australiano Kerr Nielson, ha puntato sul leder dei motori di ricerca con ben 300.000 azioni, così come anche Tiger Global Management, gestito da Chase Coleman ha preferito incrementarne il peso nel portfoglio.
3) American International Group. Vera e propria passione per 110 hedge fund, tra questi Omega Advisor di Leon Cooperman che ha aumentato la sua partecipazione in AIG del 75%, apprezzata e non poco anche da George Soros.
4) Microsoft Corporation. “Solo” 96 ne hanno sfruttato la solidità anche a causa del boom proprio di AIG. A suo favore, però, la “fedeltà" di Bridgewater Associates, hedge fund gestito da Ray Dalio, la cui presenza su Microsoft è stata la più longeva.
5) Citigroup. Tra le banche, sempre molto ricercate, soprattutto quelle di grandi dimensioni e perciò di forte stabilità, ben 93 fondi tra cui Appaloosa di David Tepper hanno deciso di puntare su Citi aumentandone anche l’esposizione come il megamiliardario che ne ha ampliato la presenza verso la fine del terzo trimestre.
6) General Motors . All’October’s Value Investing Congress, David Einhorn si è dichiarato entusiasta del titolo e ha già annunciato la sua strategia long. Altri hanno deciso di imitarlo e dai 78 fondi iniziali, sono presto diventati 88 a preferirlo.
7) Bank of America. 85 fondi rispetto ai precedenti 82 del precedente trimestre, tra cui D.E. Shaw, un grande hedge fund gestito da David Shaw, il quale sottolinea il suo patrimonio di oltre otto milioni di azioni della banca.
8) JPMorgan. Qui anche c’è stato un rialzo con 83 hedge fund. In primis Fisher Asset Management, di Ken Fisher, che ha più che raddoppiato le dimensioni della sua posizione in JPMorgan Chase nel corso del terzo trimestre dell'anno.
9) Wells Fargo & Company. Berkshire Hathaway, in altre parole Warren Buffett, che non ha mai fatto mancare il suo appoggio al sicuro lido d’approdo bancario. E con lui anche altri 81manager.
10) QUALCOMM. In questo caso, il primo della classifica, molti hanno preferito evitarlo e perciò i fondi che lo hanno in gestione sono 77 dai precedenti 79. Un esempio è Lone Pine Capital di Stephen Mandel che per tagliando la sua quota resta esposto comunque con oltre 400 milioni.

lunedì 19 novembre 2012

STM ESPLOSIVA


STM scoppiettante. Merito anche degli analisti di UBS

Il titolo ha portato a casa un rally di quasi l’8% sulla scia della doppia promozione di UBS; i cui esperti ritengono che il settore dei chip abbia toccato il fondo nella prima metà dell’anno. Le indicazioni da seguire.
Giornata decisamente spumeggiante quella odierna per STM che si è imopsta all’attenzione degli investitori, facendo il pieno di acquisti. Il titolo, dopo aver concluso l’ultima seduta prima del week-end con un ribasso di oltre due punti, quest’oggi si è riscattato con un rally di altri tempi. STM ha conquistato la prima posizione nel paniere del Ftse Mib, mostrando una forza relativa decisamente maggiore di quella dell’indice di riferimento. Le azioni della società italo-francese si osono fermate a 4,578 euro, con un fiammante rally del 7,87%, sostenuto peraltro da corposi volumi di scambio, visto che a fine sessione sono passate di mano oltre 6,8 milioni di azioni, contro la media giornaliera degli ultimi tre mesi pari a quasi 5,6 miloni di pezzi.
A mettere le ali ad STM hanno contribuito anche le positive indicazioni arrivate da UBS; i cui analisti hanno deciso di mgliorare la raccomandazione sul titolo da “sell” a “neutral”, alzando il prezzo obiettivo da 4,2 a 4,3 euro. La decisione è stata presa sulla scia della recente sottoperformance del titolo e in ragione anche della promozione riservata al settore dei chip, al quale STM appartiene.
La banca elvetica ritiene che il comparto dei semiconduttori abbia toccato il fondo durante il primo e il secondo trimestre dell’anno. Gli esperti segnalano che i tassi della capacità di utilizzo degli impianti stiano calando bruscamente nel trimestre in corso, e questa flessione riflette il de-stocking. In coseguenza di ciò UBS stima che i ricavi del settore possano viaggiare sotto i consumi finali del 7% nell’ultimo trimestre dell’anno.
Gli analisti però vedono rischi al ribasso per il settore auto, al quale il gruppo italo-francese è legato, senza alcun segnale di miglioramento. Di contro il mercato dellUBS saluta con favore il fatto che il mercato abbia finalmente capito che non ci sarà alcuna separazione delle attività del gruppo. Con riferimento alla joint-venture ST-Ericsson, l’idea è che la riduzione dei rischi legata alla stessa sarà realizzata tramite degli accordi di collaborazione piuttosto che attraverso una vendita. 
Infine, UBS ha deciso di non mettere mano alle stime sull’utile per azione riferite all’anno in corso e al prossimo, ricordando che gli analisti si aspettano una perdita di 0,29 dollari per azione per il 2012 e un eps di 0,1 dollari per l’anno prossimo.e memorie sta supportando il business di STM a performare in maniera più robusta dei competitors nel breve termine e ciò dovrebbe portare ad un ritorno della crescita dei ricavi su base annua nel trimestre in corso.

PIAZZA AFFARI IN RALLY


Piazza Affari vola. Ottimismo su fiscal cliff: c’è da fidarsi?

L’indice Ftse Mib è il migliore in Europa con un rally del 2,5% aiutato dagli spunti rialzisti di Wall Street. Si guarda con fiducia ad un possibile accordo sul fiscal cliff e intanto cresce l’attesa per la Grecia in vista della riunione dell'Eurogruppo in agenda domani. La view degli esperti.
Brillante avvio di settimana a Piazza Affari dove, dopo la netta flessione di venerdì scorso, l’indice Ftse Mib ha imboccato con decisione la via dei guadagni, allungando progressivamente il passo nel corso della seduta. Nel pomeriggio gli acquisti sono aumentati in seguito all’apertura di Wall Street, dove i tre indici principali viaggiano tutti in deciso rialzo, trainati in particolare dal Nasdaq Composite che avanza più degli altri con un vantaggio di quasi un punto e mezzo percentuale.
Riesce a fare decisamente meglio il nostro Ftse Mib che negli ultimi minuti viene fotografato sui massimi intraday a ridosso dei 15.250 punti, con un vantaggio del 2,65%. Meno vivace la reazione del mercato obbligazionario anche se si assiste ad una contrazione dello spread BTP-Bund che viene scambiato a ridosso dei 354 punti base, con una flessione di circa tre quarti di punto rispetto al close di venerdì scorso.
Tra le blue chips si segnala l’ottima performance di STM che mette a segno un balzo in avanti di oltre il 6%, sulla scia della promozione arrivata da UBS. Molto bene alcune blue chips che nelle ultime sedute erano stato più penalizzate dalle vendite, come Autogrill, Mediaset e Finmeccanica che viaggiano tutti in ascesa di oltre il 4%, ma riesce a fare molto bene anche Fiat Auto che sale del 3,88%.
Denaro sulle banche tra le quali ad avere la meglio è Banca Popolare dell’Emilia Romagna che sale del 4,39%, seguito da Intesa Sanpaolo, UBi Banca, Monte Paschi e Unicredit, tutti in crescita di oltre tre punti percentuali.
Ad alimentare gli acquisti, non solo a Piazza Affari, oltre ad una reazione puramente tecnica dopo le recenti vendite, contribuisce l’ottimismo legato alla scommessa del mercato per una possibile soluzione relativa alla gravosa questione del fiscal cliff. Venerdì scorso sono state avviate le negoziazioni e il presidente Obama ha parlato di un incontro costruttivo, in linea con quanto indicato anche dal portavoce dei repubblicani alla Camera dei Rappresentanti.

WALL STREET IN RALLY


Wall Street: Gli indici partono in netto rialzo

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Wall Street ha aperto in netto rialzo.Immagine: Shutterstock
I principali indici azionari statunitensi hanno aperto oggi in netto rialzo. Il Dow Jones sale al momento dello 0,8% e ilNasdaq Composite dell'1,2%. Il leader politici statunitensi hanno fatto dei progressi nelle trattative volte ad evitare il cosiddetto "fiscal cliff". Barack Obama ha dichiarato di essere fiducioso di trovare un accordo con il Congresso su un nuovo budget. Bank of America (US0605051046) sale del 3,2%.Stifel Nicolaus ha alzato il suo rating sul titolo del titolo dell'istituto di credito da "Hold" a "Buy". Tra i petroliferi Exxon Mobil (US30231G1022) guadagna l'1,5% e Chevron(US1667641005) l'1,3%. Il prezzo del petrolio sale al momento a New York di più del 2%. Lowe's (US5486611073)guadagna il 6,8%. La catena di negozi specializzati nella vendita di articoli per la casa ed il bricolage ha generato nel terzo trimestre un utile operativo di $0,40 per azione. Il consensus era di $0,15 per azione. Tyson Foods (US9024941034) guadagna il 6,5%. Il primo produttore al mondo di carne ha pubblicato uan convincente trimestrale ed alzato il suo dividendo.

LE BORSE OTTIMISTE SUL FUTURO DEGLI USA


L'economia tedesca si raffredderà, borse guardano con ottimismo agli Usa

Di Francesca Gerosa
L'economia tedesca si raffredderà, borse guardano con ottimismo agli Usa
La Bundesbank prevede un ulteriore rallentamento dell'economia tedesca a fine anno e il presidente Weidmann lancia alcuni avvertimenti, ma le borse restano ottimiste sulla politica Usa e sull'Eurogruppo. Attualmente l'economia è mista, recita un rapporto della Buba, ma si raffredderà ulteriormente a fine anno. Disturbanti fattori esterni, ha spiegato la Banca centrale tedesca, stanno infatti incidendo sulle prospettive di investimento e sulla programmazione occupazionale.

Il presidente della Buba ha poi lanciato due moniti: le banche in difficoltà finanziarie non devono per forza essere salvate dalla bancarotta: "non dovrebbero esserci delle garanzie per la sopravvivenza" e la crisi dei debiti sovrani non può essere risolta attraverso un'unione bancaria. "Se fatta in modo corretto, l'unione bancaria può essere un pilastro importante, perfino per sostenere un'unione monetaria stabile. Ma non è la chiave per risolvere la crisi e non dovremmo pretendere che lo sia", ha detto Weidmann.

Secondo il numero uno della Bundesbank, i problemi esistenti attualmente nel sistema bancario sono soprattutto la conseguenza di errori passati, commessi a livello nazionale, e quindi i rischi nei bilanci dei Paesi che si sono verificati sotto una responsabilità nazionale "vanno risolti dai rispettivi governi". Diffondere questi rischi attraverso un'unione bancaria, ha sottolineato Weidmann, sarebbe l'equivalente di un trasferimento fiscale e sarebbe in contraddizione con lo scopo dell'unione bancaria stessa. Inoltre, un'azione del genere potrebbe incentivare i Paesi a non riformare i propri sistemi finanziari.

A dare direzione ai mercati (+1,20% a 15.034 punti il Ftse Mib di Piazza Affari) sono le aspettative positive su una soluzione politica negli Stati Uniti per scongiurare il fiscal cliff e sulla riunione dell'Eurogruppo di domani. I commissari dell'Ue e i ministri delle finanze dei paesi dell’Eurozona dovranno convincere il Fondo monetario internazionale sulla sostenibilità del debito del Paese ellenico (ridurre il rapporto debito/pil al 120% entro il 2022).

In particolare, dalla riunione di domani dovrebbe uscire un documento capace di mediare tra le posizione dell'Unione Europea e quella del Fondo monetario internazionale. "Reputiamo che il sentiment positivo sui mercati sia legato all’aumento delle attese degli investitori su un esito favorevole delle trattative tra democratici e repubblicani al Congresso per risolvere il problema del fiscal cliff, il precipizio fiscale, tagli alla spesa automatici e aumento dell’imposizione fiscale per un ammontare complessivo di 607 miliardi di dollari ovvero il 4% del pil del Paese a stelle e strisce", afferma Filippo Diodovich, market strategist di IG.

L'amministrazione Obama sembra essere riuscita a compiere passi importanti verso il raggiungimento di un accordo in tempi molto brevi. Lo stesso portavoce dei repubblicani alla Camera dei Rappresentanti, John Boehner, ha affermato che i colloqui con i democratici sono stati costruttivi.

Comunque, "probabilmente non ci sarà una soluzione prima di gennaio. Sicuramente arriveranno dichiarazioni rassicuranti, ma non una soluzione vera e propria", osserva Alessandro Milesi, presidente di Onis Srl, aggiungendo che qualunque soluzione, in ogni caso, "non potrà essere favorevole alla crescita". Quanto all'Eurogruppo, "riteniamo che domani sia molto probabile lo sblocco dell'ennesima tranche di aiuti alla Grecia", aggiunge l'esperto di IG. "E' possibile anche che nel meeting si decida di ridurre i tassi ai prestiti concessi dalla Troika al Paese ellenico".

BPM DECLASSATA A JUNK


Bpm rischia di diventare junk, non ci sta e attacca Moody's

Di Francesca Gerosa
<a href="/quotazioni/quotazioni.asp?step=1&action=ricerca&codiceStrumento=u2ae&titolo=BCA POP MILANO">Bpm</a> rischia di diventare junk, non ci sta e attacca Moody's
La Popolare di Milano segue l'intonazione positiva del mercato e delle altre banche italiane e spunta un +0,90% a 0,3690 euro a Piazza Affari anche se Moody's sabato ha messo in revisione per un possibile downgrade il rating (Baa3) della banca. La decisione, ha spiegato l'agenzia, riflette principalmente l'opinione che Bpm abbia una bassa generazione interna di capitale e che la qualità dei suoi attivi si stia indebolendo a fronte di un contesto economico debole.

La revisione si focalizzerà sull'abilità del nuovo management di migliorare la flessibilità finanziaria della banca. Bpm non ci sta e contrattacca Moody's. Piazza Meda, esprimendo il proprio disappunto per il modo in cui tale decisione è maturata, si è detta anche pronta a considerare "ogni azione che potrà essere intrapresa al fine di tutelare la banca, i suoi azionisti e gli investitori".

L'istituto ha lamentato, in particolare, che, malgrado i diversi inviti rivolti da Bpm, nessun analista di Moody's ha ritenuto necessario incontrare il nuovo management. L'ultimo incontro, è stato ricordato, è avvenuto lo scorso anno prima del cambiamento della governance e con il precedente management.

Per l'istituto il comportamento dell'agenzia di rating, dunque, "trascura l'importante cambiamento che ha interessato l'intero gruppo tra cui il mutamento della governance, il rinnovamento del management, la presentazione del business plan 2012-2015 e tutte le azioni intraprese per la semplificazione e il rilancio del gruppo".

In effetti, nel terzo trimestre la generazione di capitale è stata leggermente negativa (-10bps con un Core Tier 1 ratio dell'8,9%) a causa del downgrade dell'Italia che ha avuto impatti negativi sulle ponderazioni (da 50% a 100%) degli impieghi verso le banche. Tuttavia gli analisti di Equita si aspettano che entro fine anno la rimozione degli add-ons di Banca d'Italia (150bps) porti il Core Tier 1 ratio della banca al 9,4%.

Anche la qualità del credito nel terzo trimestre ha registrato un'accelerazione nel deterioramento con la generazione dei crediti problematici passata da 2,9% al 3,4%. Con l'eventuale downgrade Bpm diventerebbe junk, notizia ovviamente negativa perché aumenterebbe il costo del finanziamento. L'investment case di Equita su Bpmrimarrebbe tuttavia intatto (buy e target price a 0,6 euro) visto che si basa sull'esecuzione del piano industriale e della performance operativa attraverso il taglio dei costi.

Invece Kepler oggi ha conferma hold portando il target da 0,37 a 0,38 euro. "La ristrutturazione di Bpm continua nonostante la mancanza di un accordo coi sindacati, che il management è disposto a raggiungere entro la fine dell'anno", osservano gli analisti di Kepler che comunque non possono fare a meno di osservare che i ricavi caratteristici della banca restano sotto pressione e gli accantonamenti aumentano con il trading che fornire un po' di conforto.

Kepler dopo i conti ha affinato le stime 2012-2015 dell’utile operativo di Bpm in media meno del 2% dal momento che la stima del broker sulla riduzione dei costi del 2,6% non è sufficiente a compensare i maggiori accantonamenti (+4,5%) e la diminuzione dei ricavi (-1,2%).

FISCAL CLIFF, OCCASIONE PER COMPRARE ?


Perché il Fiscal Cliff è un’occasione di acquisto (di breve)

I tagli automatici alla spesa e l’aumento delle tasse per 600mld e rotti NON ci saranno se non formalmente e a secolo da destinarsi. Sono troppi gli interessi in gioco. Di FunnyKing
Ve lo diciamo ancora una volta, e per essere chiari usiamo le parole del rag. Ugo Fantozzi: il “fiscal cliff” è una cagata pazzesca!
I tagli automatici alla spesa e l’aumento delle tasse per 600mld e rotti NON ci saranno se non formalmente e a secolo da destinarsi. Sono troppi gli interessi in gioco.
La borsa USA non sta scendendo per il fiscal cliff (a cui tra 12 giorni si aggiungerà il debt ceiling…), ma per un altro motivo che vi riveleremo a fine articolo (suspance).
Il Fiscal Cliff è una buona occasione di acquisto.
Avrete notato il rimbalzo degli indici di ieri. Ero su Skype con un noto analista tecnico ieri quando è cominciato il “rimablzone” dello S&P500, mi sono sentito dire “Ehi fk, che succede va tutto su, lo S&P si è sparato 10 punti in un secondo”. (poi ha continuato nel pomeriggio americano)
John Boehner è lo speaker della camera dei deputati USA ed è un importante rappresentante dei Repubblicani e ieri ha detto:
“Credo che potremmo farlo e evitare il fiscal cliff” (riferendosi ad un accordo coi Democratici)
e bum si saleeeeee, pericolo scampato, va tutto bene madama la marchesa.
No in realtà gli indici erano tirati e come si dice “gli operatori aspettavano un motivo per prendere profitto”
Ma non fatevi illusioni, l’elefante nella stanza è ancora li : l’economia mondiale fa schifo
Lo ripetiamo per l’ennesima volta, l’intera economia mondiale sta rallentando e con essa gli utili delle società quotate a Wall Street, dopotutto il rapporto prezzo utili un minimo di significato lo mantiene.
Vi anticipo che a nostro parere la percentuale di sorprese positive continuerà a diminiure (e aumenteranno le revisioni al ribasso degli analisti), vi rammento che nel loro insieme i mitici (anal)isti più di moda in america battezzavano lo S&P500 a 1480pti a fine anno con un P/E di 16,2 fanno circa 92$ di utili.

ROUBINI PESSIMISTA SUL MERCATO AZIONARIO


Roubini: le ragioni del crollo non sono solo per il Fiscal Cliff

Il mercato azionario ha continuato a scendere dai primi di novembre , in concomitanza con le elezioni statunitensi. Ma il perenne calo, intervallato solo da qualche brevissima ripresa, non è riassumibile solo nella paura del Fiscal Cliff che blocca l’economia americana.

La riforma fiscale che il mondo attende e che invece langue, non è imputabile di una situazione macroeconomica molto più grave. Ne è convinto anche Nouriel Roubini, il popolare analista che vede una rete ben più ampia di responsabilità e di tendenze.
Infatti secondo quanto dichiarato a Business Insider, quella del Fiscal Cliff è una scusa platealmente minimalista: il problema era ampiamente conosciuto anche prima delle elezioni, è stato ulteriormente sviscerate ed esaminato da economisti ed analisti, chiunque temesse degli appesantimenti dati dalla riforma (il reperimento di fondi attraverso ulteriori aumenti di tasse e minori agevolazioni fiscali) ha da tempo preso i dovuti provvedimenti, ed è proprio questo atteggiamento previdente (anche troppo) che ha bloccato gli sviluppi di diversi settori economici che promettevano evoluzioni ben più promettenti di quanto finora registrato.
In una nota ai clienti del suo studio la settimana scorsa, Nouriel Roubini ha dato 6 motivi per cui il rally ha avuto “fiato corto”.
La crescita è debole. La crisi dell'Eurozona è tornata a peggiorare a causa della Grecia (di nuovo) con il mancato accordo, stavolta, dei rappresentanti della Troika i quali non riescono a trovare un punto fermo e chiudere il loro documento. Proprio da ciò, infatti, dalle considerazioni finali, dovranno essere decisi gli stanziamenti delle varie tranche che, alla fine, permetteranno ad Atene di ricevere i tanto agognati 31 miliardi di euro. Il paradosso è proprio in questo passaggio: mentre si accusava il governo di non riuscire a garantire compattezza e continuità nelle riforme dovute, questo ha mantenuto, seppur a fatica, la promessa con le votazioni in parlamento delle misure di austerità, mentre proprio l’organo di vigilanza, adesso, sta avendo i suoi problemi nel chiudere la relazione.
Le preoccupazioni politiche circa la riforma fiscale negli Usa. Gli incontri tra il Presidente e il Congresso hanno avuto inizio la settimana scorsa in via ufficiale e i rappresentanti hanno definito i primi colloqui “costruttivi”, però, intanto, il rischio è quello di giungere a un accordo momentaneo sulle riforme più urgenti, con misure che non accontentano nessuno.
Intanto il QE sta esaurendo il suo impatto, e, a differenza del passato (QE1 e QE2), quest’azione è stata lanciata in un momento di picco del mercato, cosa che non lascia molti margini per ulteriori provvedimenti.
Il tutto proprio mentre il rischio geopolitico è tornato con la guerra tra Israele e i territori di Gaza, che rischia di espandersi verso tutta la zona araba del Medio Oriente con l’Iran e la Siria che non aspettano altro.
In realtà nessuno dei fatti in sè rappresenta una sorpresa per gli investitori, il problema reale è la loro simultanea presenza proprio a ridosso di una riforma che potrebbe intaccare le basi della prima economia mondiale direttamente alla radice. Secondo gli esperti, infatti, un mancato accordo tra le parti per il Fiscal Cliff potrebbe incidere sul Pil per percentuali che vanno dal 2% (nel migliore dei casi) al 4% (nel peggiore) cosa che farebbe precipitare gli Usa in una recessione on solo economica, ma anche politica visto che perderebbe il suo potere di negoziazione anche nei confronti della Cina e soprattutto nell’ambito dei petroliferi, per quanto l’IEA, l’International Energy Agency, abbia decretati gli Usa come la prima potenza produttrice di petrolio, scavalcando anche l’Arabia Saudita oggi prima in classifica. Peccato che la previsione si riferisca al 2020. Fino ad allora sarà il Medio Oriente a dettare legge in materia.