Nella nota Attenti al dollaro australiano!, avevamo sottolineato la stretta relazione tra l’economia australiana e quella cinese, poiché quest’ultima rappresenta il suo principale partner per le esportazioni di materie prime e risorse naturali e ne influenza così la valuta, in passato molto interessante in un’ottica di diversificazione valutaria soprattutto per i suoi solidi fondamentali macroeconomici e i suoi appetibili differenziali di rendimento. Avevamo infatti visto che le esportazioni verso l’economia cinese rappresentano circa il 27% del totale e il rallentamento della crescita di Pechino, attualmente in corso, rappresenta dunque un’importante minaccia per la valuta australiana.
In questa nota ci sembra interessante approfondire le condizioni in cui attualmente versa l’economia della Cina, non solo per confermare i possibili effetti negativi sul dollaro australiano ma anche sull’intera economia mondiale, soprattutto in un contesto globale già fortemente penalizzato dalla crisi del debito in Europa.
I dati rilasciati la scorsa settimana rilevano infatti che il PIL ha messo a segno per il settimo trimestre consecutivo un significativo rallentamento della crescita che nel terzo trimestre 2012 ha visto un rialzo limitato al 7.4% su base annua, contro un 9.80% del quarto trimestre del 2010 e soprattutto contro un target governativo di crescita per il 2012 del 7.5%.
Vedi grafico 1 in alto a destra. Fonte: Bloomberg. Crescita del PIL reale cinese dal 1998
Questo risulta il dato peggiore dopo il minimo toccato nel primo trimestre del 2009, ovvero nella fase più acuta della crisi finanziaria mondiale, quando la crescita del PIL si era ridotta fino al 6.20%.
Il saldo della bilancia commerciale è risultato positivo e pari a $27.7 miliardi, migliore delle aspettative ($20.7 miliardi) e migliore del risultato di agosto ($26.7 miliardi). Le esportazioni di settembre sono cresciute del 9.9% su base annua (quasi il doppio rispetto alle attese del mercato, 5.5%) mentre le importazioni del 2.4%, in linea con le attese, inferiori però rispetto al 2.6% di agosto. Osserviamo però che nell’arco di un anno, le esportazioni verso l’Unione Europea sono scese del 10.7%, mentre quelle verso gli Stati Uniti, il secondo principale destinatario delle esportazioni cinesi, sono aumentate del 5.5%, sebbene circa la metà rispetto a settembre 2011 (+11.6%).
I dati dell’attività economica nel mese di settembre, rilasciati dal National Bureau of Statistics, sono anch’essi risultati migliori delle attese. La produzione industriale è cresciuta al 9.2% rispetto all’8.9% di agosto, mentre gli investimenti fissi su base annua sono pari al 20.5%, rispetto al 20.2% di agosto e al 20.4% di luglio. Infine le vendite al dettaglio sono passate dal 13.2% al 14.2%, sostenute dalla vendita di materiali costruttivi, elettrodomestici e nonostante la contrazione della vendita mensile di auto.
Se si guarda all’insieme di questi dati positivi dovrebbe essere ragionevole presumere una migliore evoluzione per i prossimi mesi, con un PIL probabilmente in ripresa che potrebbe permettere di conseguire l’obiettivo annuale stabilito dal governo.
Altre fonti però, non governative, descrivono uno scenario ben peggiore per il colosso asiatico, considerando non attendibili i dati rilasciati dal governo. Osservando ad esempio il trend negativo relativo al dato del consumo di energia elettrica per la produzione, che è passato dal 2.7% di agosto all’1.5% di settembre, gli analisti di Capital Economics sostengono che i dati rilasciati dal governo siano mendaci, e ritengono che il PIL del terzo trimestre del 2012 sia prossimo al 6.5%, ben lontano quindi dal 7.4% dichiarato dalle autorità governative.
Vedi grafico 2 in alto a destra. Fonte: Bloomberg. China Industrial Output YoY Electricity
Per quanto difficile risulti in questo momento definire l’effettivo tasso di crescita cinese per il 2012 e per gli anni a venire, possiamo nonostante tutto confermare che l’attuale situazione non risulta sicuramente rosea, soprattutto in considerazione dello scenario internazionale, con l’Europa ancora alle prese con la crisi del debito e gli Stati Uniti con un’economia molto indebitata e che si appresta ad affrontare le conseguenze del Fiscal Cliff. Se negli ultimi anni l’elevata crescita dell’impero celeste è riuscita a trainare in parte la crescita mondiale, in questo momento è opportuno considerare che il quadro macroeconomico sta radicalmente cambiando, presentando diversi focolai di fragilità che rendono necessario un approccio molto prudente nelle scelte agli investimenti.
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