La crescita in Cina è da sempre strettamente legata al meccanismo di controllo del tasso di cambio, la cui mancata o tardiva rivalutazione ha consentito un evidente vantaggio in termini di esportazioni, (si parla infatti di export-led growth), attraverso cui si è generata una crescente accumulazione di riserve valutarie tale da dare vita ad uno dei principali fondi sovrani del mondo (China Investment Corporation). Con una domanda interna ancora troppo fragile, il principale responsabile dell’attuale debolezza è ascrivibile infatti alle conseguenze della contrazione economica delle economie avanzate (soprattutto europea a seguito della crisi del debito), che ha provocato un inevitabile declino delle esportazioni. Il timore di un hard landing al momento sembra però rientrato grazie ai dati positivi rilasciati la scorsa settimana.
Il saldo della bilancia commerciale è risultato positivo e pari a $27.7 miliardi, migliore delle aspettative ($20.7 miliardi) e migliore del risultato di agosto ($26.7 miliardi). Le esportazioni di settembre sono cresciute del 9.9% su base annua (quasi il doppio rispetto alle attese del mercato, 5.5%) mentre le importazioni del 2.4%, in linea con le attese, inferiori però rispetto al 2.6% di agosto. Osserviamo però che nell’arco di un anno, le esportazioni verso l’Unione Europea sono scese del 10.7%, mentre quelle verso gli Stati Uniti, il secondo principale destinatario delle esportazioni cinesi, sono aumentate del 5.5%, sebbene circa la metà rispetto a settembre 2011 (+11.6%).
I dati dell’attività economica nel mese di settembre, rilasciati dal National Bureau of Statistics, sono anch’essi risultati migliori delle attese. La produzione industriale è cresciuta al 9.2% rispetto all’8.9% di agosto, mentre gli investimenti fissi su base annua sono pari al 20.5%, rispetto al 20.2% di agosto e al 20.4% di luglio. Infine le vendite al dettaglio sono passate dal 13.2% al 14.2%, sostenute dalla vendita di materiali costruttivi, elettrodomestici e nonostante la contrazione della vendita mensile di auto.

Se si guarda all’insieme di questi dati positivi dovrebbe essere ragionevole presumere una migliore evoluzione per i prossimi mesi, con un PIL probabilmente in ripresa che potrebbe permettere di conseguire l’obiettivo annuale stabilito dal governo.
Altre fonti però, non governative, descrivono uno scenario ben peggiore per il colosso asiatico, considerando non attendibili i dati rilasciati dal governo. Osservando ad esempio il trend negativo relativo al dato del consumo di energia elettrica per la produzione, che è passato dal 2.7% di agosto all’1.5% di settembre, gli analisti di Capital Economics sostengono che i dati rilasciati dal governo siano mendaci, e ritengono che il PIL del terzo trimestre del 2012 sia prossimo al 6.5%, ben lontano quindi dal 7.4% dichiarato dalle autorità governative.
Vedi grafico 2 in alto a destra. Fonte: Bloomberg. China Industrial Output YoY Electricity
Per quanto difficile risulti in questo momento definire l’effettivo tasso di crescita cinese per il 2012 e per gli anni a venire, possiamo nonostante tutto confermare che l’attuale situazione non risulta sicuramente rosea, soprattutto in considerazione dello scenario internazionale, con l’Europa ancora alle prese con la crisi del debito e gli Stati Uniti con un’economia molto indebitata e che si appresta ad affrontare le conseguenze del Fiscal Cliff. Se negli ultimi anni l’elevata crescita dell’impero celeste è riuscita a trainare in parte la crescita mondiale, in questo momento è opportuno considerare che il quadro macroeconomico sta radicalmente cambiando, presentando diversi focolai di fragilità che rendono necessario un approccio molto prudente nelle scelte agli investimenti.