L'incestuoso rapporto tra Finanza e Politica
I grandi colossi dell'industria finanziaria avevano scommesso su Romeny. Le perdite accusate sono state di oltre 4 milioni di dollari, ma i legami tra finanza e politica a Wall Street si spingono molto più in là...
Che queste elezioni presidenziali siano state le più costose della storia ormai lo si sapeva già, con oltre 6 miliardi spesi per una gara che ha visto un continuo testa a testa dei due candidati e che ha messo a disposizione dei contendenti anche sofisticatissime tecnologie per focalizzare gli obiettivi sfruttando software di elaborazione dati e preferenze della popolazione.
Eppure tutto ciò non è servito per quanto riguarda la speranza delle banche per un’elezione di Romney. Il giro di vite promesso da Obama sul controllo del sistema finanziario ha sempre rappresentato una minaccia per i colossi del credito e la loro azione (spesso spregiudicata) sulla speculazione internazionale che rischiava (e a rischio lo è tutt’ora) di essere fortemente limitata dalla regolamentazione promessa.
Noi tutti sappiamo anche che le campagne elettorali Usa sono caratterizzate da generose donazioni (alcune anche in forma anonima) dalle lobby che sostengono i candidati. Una situazione che ha messo a disagio più di una volta il Congresso, come nel caso di Jon Corzine CEO di MF Global da 2010 al 2011, amministratore delegato di Goldman Sachs dal 1994 al 1999, senatore del New Jersey dal 2001 al 2006 e governatore del New Jersey 2006-2010 citato in giudizio dinanzi a una commissione della Camera per rispondere della perdita di oltre 1,5 miliardi di dollari di denaro pubblico. Risposte molto vaghe visto che il prestigioso esponente della finanza si è limitato a dire di “non sapere dove si trovassero i fondi”. Provvedimenti presi verso di lui? Nessuno. Eccessiva passività? Non proprio, forse, più che altro un atteggiamento di riguardo verso la quantità di denaro che i membri delle commissioni ricevono dagli organi e dai gruppi finanziari.
All'inizio di quest'anno, il 13 giugno, Jamie Dimon, amministratore Delegato di JP Morgan Chase, ha affrontato un'audizione al Senato per il famoso scandalo della perdita sui derivati da oltre 2 miliardi di dollari (che poi col tempo sono diventati quasi 5). Ebbene, su 22 membri componenti la commissione giudicatrice, 18 di questi avevano investito in JP Morgan. Quindi, nessuna domanda imbarazzante è stata fatta all’imputato, che si è comportato, a detta degli osservatori, anche in modo arrogante. Molti dei collaboratori dei membri della commissione hanno fatto parte di JP Morgan o di società di investimento ad esse collegate. Ad esempio, Kate Childress, ex assistente del senatore di New York, Charles Schumer, presente in JP Morgan dal 2008. Non solo, ma la banca ha anche contribuito a finanziare le campagne di un certo numero di questi membri del comitato.
E ce n’è anche per altri. Goldman Sachs, forse la più nota delle banche d'investimento di Wall Street e da molti giudicata un emblema della corruzione della politica ha finanziato a vario titolo lo speaker della Camera dei Rappresentanti il repubblicano John Boehner come anche il leader della maggioranza, l’ultraconservatore Eric Cantor, responsabile, quest’ultimo, del blocco delle trattative per il debito Usa e l’aumento delle tasse ai ceti più alti. Inutile dire che entrambi hanno re-investito in quote della società.
Peccato che, però, avessero puntato sul cavallo sbagliato, quello repubblicano. Secondo il Center for Responsive Politcs , con quasi 1 milione di dollari scommessi sulla vittoria del repubblicano Mitt Romney da parte di Goldman Sachs e praticamente altrettanti da Bank of America (Morgan Stanley è stata più prudente e si è fermata a poco più di 800mila dollari), i grandi colossi hanno ricevuto la loro perdita: 4 milioni e 205.950 dollari.
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