I rialzi degli ultimi 4 anni, poderosi e continui, non lo hanno salvato dalle amare constatazioni che nulla è cambiato rispetto a ieri e che le difficoltà incontrate proprio a causa della divisione interna tra Camera (repubblicana) e Senato (democratico), non sarebbero state risolte come invece tutti speravano.
Una vittoria di Pirro che al di là delle circostanze di rito e dei complimenti giunti a Washington (anzi a Chicago visto che Obama si trovava nella sua città d’origine visto che avrebbe potuto non tornare più alla Casa Bianca) adesso deve guardare in faccia alla realtà. Un panorama che ora, si rivela paradossalmente più minaccioso di ieri e che adesso deve vedersela con il pericolo di un nuovo downgrade minacciato da Fitch a causa di un Fiscal Cliff addirittura aggravato dalla riforma sanitaria voluta proprio da Obama. In seguito all’obbligo della copertura assicurativa, gli americani vedranno aumentate le proprie tasse (oltre a quanto già in cantiere per la scadenza delle esenzioni Bush) e lo Stato le proprie spese.
Tutto questo sta facendo virare in negativo Wall Street (nel momento in cui viene scritto questo articolo, vede un Dow a -2,16%). Tutto questo, però, non è sufficiente a spiegare il crollo delle Borse Europee con Milano che perde il 2,50% . In realtà l’Europa, che finora era stata trattata da Washington come una specie di parente deforme di cui ci si deve quasi vergognare, ignorata praticamente per tutta la campagna elettorale, ha avuto altri problemi, altrettanto gravi, per cedere.
Il rallentamento nella zona euro colpisce ora anche la Germania e a dirlo è addirittura il Presidente della Bce Mario Draghi (non senza una punta di sottile soddisfazione visti i continui altolà e ricatti che ha dovuto subire sia dalla Merkel che dalla Bundesbank). Seppure isola felice, tanto da permettersi il lusso di ricevere capitali stranieri pagati con interessi negativi, Berlino ha visto abbassarsi sempre di più i suoi indici di crescita e ora gli ultimi dati suggeriscono che gli sviluppi dell’economia stanno iniziando ad incidere anche le sue granitiche basi: produzione industriale di settembre diminuita dell'1,8% (gli analisti Draghi ha dichiarato che la banca centrale si aspetta un’economia europea generalmente ancora debole nel breve termine anche se, ha aggiunto “l’inflazione è ancora sotto controllo” tanto da far sperare in un suo abbassamento sotto la soglia del 2% per il 2013 anche grazie agli interventi potenzialmente illimitati della Bce, che dovrebbero rappresentare un elemento di riparo per gli investitori. Rassicurazioni che non hanno colto nel segno anche perchè rincarate da quello che a molti è sembrato il colpo di grazia: le stime della commissione Ue che prevedono una disoccupazione poco sotto il 12% e una ripresa, inizialmente prevista (anzi, sperata) per il 2013 che invece sarà spostata al 2014. E le visioni più fosche riguardano l'Italia la cui riduzione del debito è troppo lenta.
Cenerentola d’Europa, la Spagna vede un crollo della produzione industriale del 7% contro il 2,5% di agosto. Per questo motivo le Borse hanno preferito sorvolare sui facili (inutili?) entusiasmi che arrivavano da Washington. Visto che adesso non si riesce più a capire quali delle due sponde dell’Oceano stia peggio!
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